la crosta dei formaggi si può mangiare?

Buon Giorno #Fuudler

 

Finalmente è arrivato il nostro appuntamento mensile sulla sicurezza alimentare fra pentole e fornelli, dopo le festività natalizie e dopo un goloso carnevale.

 

 

In questi mesi sto tenendo un corso di formazione per futuri addetti del reparto freschi per un noto marchio della Grande Distribuzione Organizzata  soffermandomi sull’enorme offerta gastronomica dei latticini e quindi dei formaggi. Mi trovo a dover soddisfare alcune curiosità che molti mi pongono e, quindi, ho pensato valesse la pena approfondire anche in questa occasione.

 

Ma facciamo un passo per volta, lo prometto sarò semplice e chiaro come solo #SAFeatY sa fare.

 

Tutti noi conosciamo bene tantissimi tipi di formaggi: chi li abbina ad altre pietanze per poterne esaltare il gusto, come i formaggi a pasta dura (Parmigiano Reggiano e Grana Padano) che spesso vengono accompagnati con mostarde e/o miele mentre altri vengono direttamente serviti come secondo o antipasto.

 

 

Chiunque ricorda perfettamente il gusto del formaggio che più ci è piaciuto e senza dubbio anche quello dal gusto più corposo, talvolta sgradevole (per gusto personale).

 

Che siano di capra, di vacca…o di gallina (SCHERZO!!!!), se i formaggi ci piacciono, non riusciamo a farne a meno e se potessimo, ne vorremo un pezzetto ad ogni pasto.

 

È proprio qui che arriva la fatidica domanda che porta con sé tanti dubbi:

 

ma la crosta/buccia dei formaggi si può mangiare???

Ora cerchiamo di approfondire ciò che dovremmo sapere sulle croste/bucce dei formaggi, così da poterle gestire al meglio, senza arrecare rischi alla nostra salute.

 

Quante volte sentiamo dire che le croste del Grana Padano o del Parmigiano Reggiano sono buone se aggiunte al brodo o alle lenticchie o quante altre volte abbiamo il dubbio se una crosta va mangiata oppure no?

 

Partiamo quindi dal distinguerle a seconda delle loro caratteristiche fisiche, funzionali e organolettiche.

 

Innanzitutto vi sono croste edibili (commestibili) e croste totalmente non edibili (non commestibili). Quest’ultime sono segnalate nell’etichetta con la dicitura “crosta non edibile.

 

 

#SAFeatY, cosa si intendi per rivestimenti non commestibili?

Ora ve lo spiego!

 

 

Bisogna innanzitutto precisare che l’utilizzo di rivestimenti come la cera, paraffina, “pellicole” plastiche o tessuti speciali, aiutano tecnologicamente il formaggio a limitare e regolare l’evaporazione dell’acqua fino ad annullarla, addirittura da renderne omogenea l’umidità interna. Ciò cambia a seconda del tipo di formaggio e della tecnica di produzione, anche dall’età del formaggio stesso o per facilitarne anche la pulizia superficiale durante la stagionatura e conservazione. Al tempo stesso, la natura di questi rivestimenti, non ne consentono l’edibilità e quindi non sono commestibili.

I rivestimenti di cera li possiamo trovare nel Gouda e nel Edamer, quelli in tessuto in alcune varietà di Cheddar. In altri casi, oltre all’etichetta anche il tatto e l’olfatto ci aiutano a capire che questi tipi di crosta non devono essere consumati.

 

Anche per quanto riguarda le altre croste commestibili (edibili) serve una piccola distinzione: alcune di queste si definiscono palatabili (accettabili, gradevoli) e altre non palatabili o scarsamente palatabili o per sapore o per consistenza. Quindi, se alcune sono piacevoli e necessarie per apprezzare il formaggio nella sua completezza in altre, invece, la scelta di volerle eliminare o tenerle rientra nel gusto personale.

 

 

Tenendo come esempio i formaggi a pasta dura più famosi al mondo (Grana Padano e Parmigiano Reggiano) che presentano croste non palatabili principalmente per consistenza (estremamente dure) possono comunque essere utilizzate per scopo alimentare. In questi casi  però è necessario eliminarne lo strato superficiale della crosta con cura aiutandosi con un coltello o con una grattugia (scartando il grattugiato) fino a far scomparire le scritte impresse. Successivamente è opportuno lavare  la parte trattata prima dell’utilizzo come ingrediente “forte” in zuppe e minestre (bollendole ad alte temperature) come le migliori nonne insegnano.

 

 

Un’altra tecnica è la semplice grattugia il formaggio fino limite massimo esterno della crosta e utilizzare il grattugiato nelle minestre.

 

MA ATTENZIONE, continua a leggere…

 

Le croste infine, quelle altamente edibili e famose per esserlo possono comunque essere un pericolo per la salute in quanto igienicamente discutibili, vediamo cosa intende #SAFeatY.

 

 

Si tratta dei formaggi a crosta fiorita (sottile strato di muffa “buona” al di sopra), a crosta lavata (salamoia, vino, birra o grappa) e anche gli erborinati e semi-stagionati…vediamoli subito!

 

 

Nei formaggi a crosta fiorita, come il Brie e il Camembert, la crosta deriva dall’innesto di muffe selezionate (muffe “utili” e “buone”), mentre in quelli a crosta lavata, come il Taleggio, la superficie del formaggio è lavata e spazzolata più volte per eliminare le muffe anti-casearie (indesiderate e “cattive”). Questi formaggi e quelli erborinati (come il Gorgonzola, il Roquefort e lo Stilton) durante la produzione e stagionatura possono essere manipolati, appoggiati e trasportati in vario modo e la crosta può essere colonizzata da microrganismi indesiderati o patogeni.

 

 

Ciò accade anche per i formaggi a lunga stagionatura dove però questi microrganismi non trovano, fortunatamente, sempre le condizioni favorevoli per svilupparsi.

 

Il microrganismo su cui si pone maggiore attezione è Listeria monocytogenes, famoso agente per la listeriosi dovuto al cibo contaminato. La listeriosi si può manifestare in diversi forme cliniche: la gastroenterica (forte gastroenterite), la forma materno-fetale (interruzione di gravidanza e/o meningite) e la forma setticemica che è più comune negli over 65 anni o le persone defedate.

 

 

Nella recente opinione scientifica dell’EFSA (European Food Safety Authority – Autorità europea per la sicurezza alimentare), si è notato come i casi di listeriosi siano aumentati tra due gruppi della popolazione: individui sopra i 75 anni di età e donne tra i 25 e i 44 anni (in relazione con il periodo delle gravidanze) tra il periodo che va dal 2008 al 2015.

Aggiunge, “la maggior parte delle persone, viene infettata tramite il consumo di cibi pronti come il pesce affumicato o stagionato, carne sottoposta a trattamento termico e formaggi molli o semi-molli. Tutta via anche altri alimenti, come le insalate pronte, possono causare infezioni” (dall’Opinione Scientifica del 6 dicembre 2017 – 10.2903/j.efsa.2018.5134 – Listeria monocytogenes contamination of ready-to-eat foods and the risk for human health in the EU).

 

Gli esperti non escludono una contaminazione degli alimenti avvenuta proprio fra le mura di casa da prodotti preparati e conservati nel frigorifero di casa e causate da contaminazioni crociate quali taglieri, mani, coltelli, strofinacci, superfici o dovuta allo scarso mantenimento delle temperature di refrigerazione (< 4° C).

 

 

Ma cosa provoca la Listeria monocytogenes?

Molto velocemente, è un microrganismo che non ha esigenze particolari, abita ovunque (ubiquitario) in qualsiasi situazione o temperatura, tollera molto le alte percentuali di sale (8-10%), si duplica tranquillamente alle temperature del nostro frigorifero di casa ed è il più termoresistente alla cottura…non è una stupidaggine il «ben cotto, grazie», infatti viene inattivata a 72° C per almeno 15 secondi (o per tempi e temperature proporzionalmente differenti).

 

Va sfatato il mito che vengono colpite solo le persone immunocompromesse o con “scarso” sistema immunitario, essa può colpire anche persone in salute. Si può manifestare anche in modalità subclinica, con sintomi oculari, cutanei (orticaria), simil-influenzali o di gastroenterite febbrile. La diarrea però non è sintomo proprio di tutti i casi di listeriosi e può essere specifica soltanto per alcuni ceppi (Linnan et al., 1988).

 

 

Contro questo microrganismo non si può far altro che seguire le buone pratiche che #SAFeatY indica generalmente nei suoi post e che quotidianamente sono insite in noi, come l’igiene personale, l’igiene nella nostra cucina, la cottura degli alimenti e il mantenimento degli alimenti alla temperatura di refrigerazione.

 

 

Ritorniamo sui nostri formaggi ed eliminiamo qualsiasi dubbio!!!

 

I produttori conoscono bene questo problema di contaminazione microbiologica ed è per questo che vengono apportate tecniche e procedure speciali per assicurare l’igiene dei loro prodotti in modo tale che la crosta sia completamente edibile, sicura e salubre. Ciò nonostante se appartenete alla YOPI’s (Young Old Pregnant Immunocompromised), cioè all’età scolastica o over 65, in gravidanza o immunocompromessi, dove i rischi sono maggiori, il mio consiglio più utile è quello di:

 

 

Scartare le croste, fin tanto che è possibile e farlo (a seconda dei formaggi e della loro consistenza), effettuando un taglio parallelo sotto la crosta, evitando di trasferire verso la pasta del formaggio i microrganismi presenti in superficie.

 

È un consiglio precauzionale, mirato esclusivamente a ridurre i rischi per chi è più debole dal punto di vista immunitario.

 

 

Riassumendo e generalizzando le croste esistenti dei formaggi:

 

  • Le bucce o croste naturali o fiorite dei caprini sono tendenzialmente tutte edibili (le muffe nobili, “buone” che si trovano in superficie se sono troppo evidenti per i vostri gusti, toglietele con un pezzo di carta, pulito usa-getta da cucina, umido).

 

  • Le croste fiorite dei formaggi molli ricoperti da penicillium candidum (come Brie e Camambert) fanno parte dell’insieme organolettico del formaggio stesso e quindi non andrebbero mai tolte. Nonostante ciò esse possono dare problemi di digestione a persone sensibili e quindi si può ridurne una parte.

 

 

  • Le croste lavate, si suddividono in due tipi: alcune si mantengono asciutte e granulose e non sono piacevoli in bocca come quella del Taleggio (è consigliato infatti sbucciare il formaggio); in altri casi la buccia rimane molto sottile e umida, cedevole al palato e non dura come quella del Epoisses.

 

  • Croste dei semistagionati o stagionati, alcuni preferiscono mangiarle (con difficoltà per la durezza) previa raschiatura o aggiungendola a brodi bollenti.

 

 

  • Nel caso ultimo degli erborinati, la crosta non è quasi mai edibile e nemmeno gradevole perché granulosa e spesso rancida tranne in quei formaggi in cui la buccia è quasi totalmente assente come nel caso del Roquefort.

 

 

Con questi semplici consigli possiamo mettere da parte i dubbi che ci vengono appena vediamo un pezzo di formaggio da assaggiare.

 

Mi raccomando leggete sempre l’etichetta che risponde sempre alle vostre domande.

 

 

Ora potete assaporare appieno il sapore degli ottimi formaggi che noi Italiani siamo così bravi a fare, sapendo discriminare se togliere o meno la crosta. Mantenendo le croste utili ai fini degustativi e eliminando le altre.

 

 

Carissimi fuudler, ci rivediamo il prossimo mese e mi raccomando condividete questo post, così possiamo contagiare tutti con la sicurezza alimentare elementare!

 

 

VIVA IL FORMAGGIO!!!

 

 

 

 

FONTI:

www.efsa.europa.eu/it

Parere n. 3 del 22/04/2009 – Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare – Dip. per la Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza degli Alimenti

Guida al consumo dei formaggi – Azienda U.L.SS. N° 6 VICENZA

Principi di Microbiologia degli Alimenti – Prof. Giaccone e Colavita

Microbiologia e Tecnologia Lattiero-Casearia – Prof. Muchetti e Neviani

apaparella-salute.blogautore.repubblica.it – Blog del Prof. Antonello Papparella – Repubblica

www.ilfattoalimentare.it

www.alimentipedia.it

www.formaggio.it

www.nontoccatemiilformaggio.it

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2 comments

  1. Attenzione, i produttori di “Parmigiano” si adireranno leggendo questo articolo in cui il nome del formaggio è scritto con due “g”.

    1. Urca!!! Tipico errore di chi ha avuto un’infanzia difficile con la grammatica. Grazie mille per avermi fatto notare la svista!!!

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